martedì, dicembre 19, 2006

Cambiamenti

Ricordo che da adolescente la lettura di Fuoco Fatuo di Pierre Drieu La Rochelle mi colpì moltissimo. Visto che ancora non avevo piena consapevolezza del contesto in cui la vicenda si colloca (estenuati dandy post romantici e tardo-decadenti smarriti fra salotti intellettuali e ostentazioni nichiliste, esibita tragedia e sarcasmi surreali - sti ), non ne capii molto (di certo non lo capii nel modo in cui lo capisco adesso). Ora l'ho riletto.

Il suicidio è la risorsa degli uomini la cui capacità di reagire è stata corrosa dalla ruggine, la ruggine del quotidiano. Sono nati per l'azione, ma hanno ritardato l'azione: allora l'azione si ritorce su di loro come un boomerang. Il suicidio è un atto, l'atto di coloro che non hanno saputo compierne altri. E' un atto di fede, come ogni atto. Fede nel prossimo, nell'esistenza del prossimo, nella realtà dei rapporti tra il proprio io e quello degli altri. "Io mi uccido perché voi non mi avete amato, perché io non vi ho amato. Mi uccido perché i rapporti fra noi erano allentati, per rinsaldarli. Lascerò su di voi una macchia indelebile. So bene che si vive più da morti che da vivi nel ricordo degli amici. Voi non pensate a me, ebbene, non potrete dimenticarmi mai più!"

Allora sottolienai queste parole. Adesso non ricordo più perché l'ho fatto. Negli anni ho subito e fatto subire overdosi di vittimismo più o meno puro, per essere ancora turbata, o tentata, da affermazioni di questo genere. Fuoco Fatuo è un bel romanzo, ma ormai lo leggo seguendo un interesse, per così dire, "culturale". Le sue parole non bruciano più. Leggere, e poi rileggere a distanza di anni, dà la misura del cambiamento. Dell' inconsistenza del proprio "io", se volete. Un tempo, rammento, solo un brandello di esitazione mi ha trattenuto al di qua di una certa soglia. Oggi non ci penso più e la disperazione che talvolta, abbattendosi su di me a ondate, minaccava di annegarmi, si è trasformata nella bonaccia di una tranquilla disillusione.

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